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Le icone non possono essere comparate con altre opere d’arte. Le icone non sono dei quadri. I quadri, con i loro lineamenti e il loro colore, narrano degli uomini e degli avvenimenti della realtà. L’icona è una finestra verso il mondo di un’altra natura, però questa finestra è aperta soltanto per quelli che hanno la vista spirituale. Per potersi avvicinare alla comprensione delle icone, bisogna vederle con gli occhi di un credente, per il quale Dio è una realtà indiscutibile.
 
Le icone non possono essere comparate con altre opere d’arte. Le icone non sono dei quadri. I quadri, con i loro lineamenti e il loro colore, narrano degli uomini e degli avvenimenti della realtà. L’icona è una finestra verso il mondo di un’altra natura, però questa finestra è aperta soltanto per quelli che hanno la vista spirituale. Per potersi avvicinare alla comprensione delle icone, bisogna vederle con gli occhi di un credente, per il quale Dio è una realtà indiscutibile.
  
== Icona come elemento liturgico ==
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L’ Icona è considerata come qualcosa di immortale, speciale. È il mezzo necessario di culto, che tranquillamente si potrebbe “catalogare” subito dopo la Santa Liturgia. Per questo le icone prima di essere messa al culto, devono essere censurate dalla Chiesa.
 
L’ Icona è considerata come qualcosa di immortale, speciale. È il mezzo necessario di culto, che tranquillamente si potrebbe “catalogare” subito dopo la Santa Liturgia. Per questo le icone prima di essere messa al culto, devono essere censurate dalla Chiesa.

Revision as of 16:05, May 16, 2011

Il termine icona deriva dal russo "eikona", a sua volta derivante greco bizantino "εἰκόνα" (éikóna) e dal greco classico "εἰκών -όνος" derivanti dall'infinito perfetto "eikénai" traducibile in "essere simile", "apparire" mentre il termine "éikóna" può essere tradotto con immagine, e indica una raffigurazione sacra dipinta su tavola, prodotta nell'ambito della cultura bizantina e slava, è espressione artistica teologica.

L'icona, come dicono i teologi greci, è " deuterotypos del protottypos": riflesso della realtà di Dio.


Le origini dell'icona

La venerazione dell'icona è un dogma di fede, formulato dal settimo concilio ecumenico. fu durante la crisi iconoclasta, nell'VIII e nel IX secolo, che la chiesa dovette precisare il significato dell'icona.

Teologia dell'icona

Fondamento cristologico dell'icona

L'icona per eccellenza è Cristo stesso. Nell'Antico Testamento, Dio si rivelava per mezzo della Parola: rappresentarlo sarebbe stato, quindi, un atto basflemo. Ma, nella Nuova Alleanza, la Parola si è fatta carne: " " Poichè l'Invisibile, essendosi rivestito della carne, è apparso visibilmente, si rappresenti ormai la somiglianza di Colui che si è fatto visibile..." (San Giovanni Damasceno". Cristo non è soltanto il Verbo di Dio, ma la sua immagine. L'Incarnazione fonda l'icona e l'icona mostra l'incarnazione. La prima fondamentale icona, per la chiesa ortodossa, è dunque il volto stesso di Cristo. Egli è l'immagine acheiropoietè "non fatta da mano d'uomo": tale è il senso profondo della tradizione liturgica del panno (mandylion) sul quale il Signore avrebbe impresso il suo santo volto. IL ricordo del volto del Signore fu preziosamente conservato in Terra santa: è la rappresentazione realistica, detta " siriaca". Quanto al Padre, fonte della divinità, il settimo concilio ecumenico e il grande concilio di Mosca del 1666-1667, hanno formalmente proibito di rappresentarlo: " Chi ha visto me, ha visto il Padre", disse Gesù (Gv 14,9). Lo Spirito santo si è mostrato come colomba e lingue di fuoco: solo così verrà dipinto; del resto, è lui che suggerisce la luce stessa di qualsiasi icona. Il ritmo della Trinità, la sua divinità, è simboleggiata dall'ospitalità di Abramo ch accoglie i tre angeli, dei quali il grande iconografo russo Rublev (1360-1430) ha saputo dipingere il misterioso movimento di amore che li unisce senza confonderli.


Rublev Trinity.jpg La Trinità di Rublev

Icona = Rivelazione

I volti dei santi nelle icone si chiamano visi, cioè volti di coloro che si trovano fuori del tempo, nell’eternità. Infatti i tratti individuali del volto, che sono attributi della vita terrena, rimangono soltanto come dei segni, che non è necessario fissare. Il viso è un volto che si è liberato dalle passioni mondane, che si è trasformato spiritualmente. Si può riconoscere o distinguere un santo solo da una serie di segni canonici (libro, vestito, barba, baffi, ecc.). Si ha una costante iconografica, ripetuta senza cambiamenti in ogni rappresentazione di quel santo nelle diverse icone delle varie epoche. I visi, volti, sono simboli della profonda spiritualità dell’uomo, essi sono pure volti di persone. E la stessa faccia dell’uomo diventa un’icona, perché "l’uomo porta impressa in se stesso l’immagine di Dio più perfettamente degli angeli, che sono puri spiriti". L’uomo, la sua carne, il suo volto sono stati santificati da Cristo nel grande mistero dell’Incarnazione. "Dio ha assunto la natura umana, che aveva preparato fin dal principio come Suo vestito, in cui si è avvolto attraverso la Vergine Maria". Ma le icone riportano solo quei tratti visibili, che esprimono le caratteristiche invisibili del Prototipo, quali l’umiltà, la bontà, la pazienza, la semplicità, la mitezza.


Le icone non possono essere comparate con altre opere d’arte. Le icone non sono dei quadri. I quadri, con i loro lineamenti e il loro colore, narrano degli uomini e degli avvenimenti della realtà. L’icona è una finestra verso il mondo di un’altra natura, però questa finestra è aperta soltanto per quelli che hanno la vista spirituale. Per potersi avvicinare alla comprensione delle icone, bisogna vederle con gli occhi di un credente, per il quale Dio è una realtà indiscutibile.

Icona come elemento liturgico e Immagine

L’ Icona è considerata come qualcosa di immortale, speciale. È il mezzo necessario di culto, che tranquillamente si potrebbe “catalogare” subito dopo la Santa Liturgia. Per questo le icone prima di essere messa al culto, devono essere censurate dalla Chiesa.

L’icona sempre dipende dalla Chiesa, e non come si pensa da solito, dall’iconografo (laico o no). L’iconografo ha sempre presente che l’icona non è una semplice rappresentazione dalle persone sante della Sacra Scrittura o della Tradizione, non è nemmeno un elemento decorativo. L’icona è molto di più. È un elemento liturgico, venerato, l’oggetto santo. L’icona è la Vita e Azione della Fede della stessa Chiesa nel percorso dei secoli.


Come sappiamo Dio non ha né forma, né dimensioni, né colore, né volume. Dio nessuno l’ha mai visto (Gv.1,18a) Nonostante questo Dio per rivelarsi, per raccontarsi s’è dato un’Immagine, una icona, che ha forma, colore, dimensione e volume: ed è l’essere umano, uomo e donna insieme. Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò. (Gen.1,27) Tutta la creazione è riassunta in questo essere della duplica immagine. Ne segue la definizione dei Padri della Chiesa: L’icona è visibile dell’invisibile. Il Dio Figlio si incarna in questo volto umano, diventando l’icona perfetta. Il Visibile dell’Invisibile Dio. Per questo Origine ci dirà che sin dall’inizio dei tempi Dio si incarna, Dio si rileva attraverso la Sua icona, attraverso il visibile, il limitato – Lui l’invisibile, l’illimitato. Dunque la vera icona è l’essere umano, di cui il prototipo è Gesù Cristo: è Lui il visibile dell’invisibile Dio. Un’icona è una rivelazione. Un’icona è la Rivelazione. Un’Icona: sei tu.

Storia dell'icona

Nel corso della storia, ci sono stati anche dei dubbi sul quello che riguarda la rappresentazione delle icone. La regolamentazione dell’iconografia nel Bisanzio, era il risultato di lunghe discussioni e lotte, legate all’iconoclastia. Una delle più importanti cause dell’iconoclastia era la pressione ideologica e militare dei musulmani sull’impero bizantino

Nel 730 l’imperatore bizantino Leone III ha proibito il culto delle icone. Prima di diventare imperatore, lui aveva lavorato molto nelle province orientali dell’Impero e si trovava sotto l’influsso dei vescovi dell'Asia Minore, i quali, a loro volta influenzati dall’islam, cercavano di purificare la religione cristiana da ogni elemento materiale, sensibile, non spirituale. Molte icone,mosaici, affreschi furono distrutti. Però la venerazione delle icone non si è fermata, anzi continuava anche se i suoi seguaci erano crudelmente perseguitati. Il culto delle icone fu riammesso temporaneamente nel 787 dal VII Concilio Ecumenico, e definitivamente nel 843.

Uno dei più autorevoli difensori della venerazione delle icone è stato San Giovanni Damasceno (675-750 circa), grande teologo e politico; i suoi argomenti hanno influenzato le decisioni del VII Concilio Ecumenico. San Giovanni Damasceno insegnava che l’interdizione dell’Antico Testamento di fare immagini di Dio, aveva un carattere temporale: "Nell’antichità nessuno faceva immagini di Dio. Adesso però, dopo che Dio si è manifestato nella carne ed è vissuto in mezzo agli uomini, noi facciamo immagini del Dio visibile. Non faccio l’immagine della Divinità invisibile, faccio l’immagine del corpo di Dio che ho visto...". San Giovanni Damasceno scriveva che Dio è venuto per gli uomini nel suo Figlio Gesù Cristo, il quale entra nel mondo degli uomini e accoglie il corpo umano: "perché abbiamo bisogno di quello che è simile a noi".

Senso dell'iconografia

L'icona - immagine - non è una copia di quello che è rappresentato, bensì il simbolo, con l’aiuto del quale possiamo arrivare fino alla comprensione del Divino. L’icona gioca il ruolo del mistico mediatore tra il mondo terrestre e quello celeste.

La struttura dell'icona

La tecnica dell'icona

Categoria:Arti,Categoria:Teologiaen:Iconography